Autostrade, riesplode il caso Ponte Morandi: arrestati Castellucci e altri manager

Autostrade, riesplode il caso Ponte Morandi: arrestati Castellucci e altri manager

La Guardia di Finanza ha arrestato manager ed ex vertici di Autostrade nell’ambito di una delle inchieste parallele a quella del crollo del ponte Morandi di Genova.

Tre arresti domiciliari e tre misure interdittive nei confronti degli ex vertici e di alcuni degli attuali manager di Autostrade per l’Italia. Ai domiciliari sono finiti l’ex amministratore delegato di Autostrade per l’Italia Giovanni Castellucci, l’ex responsabile manutenzioni Michele Donferri Mitelli e il direttore centrale operativo Paolo Berti. Le misure interdittive invece riguardano gli attuali manager Stefano Marigliani, Paolo Strazzullo e Massimo Miliani.

Le accuse ipotizzate sono attentato alla sicurezza dei trasporti e frode in pubbliche forniture. In pratica, secondo i magistrati, “sapevano della difettosità” di alcune barriere e della loro pericolosità.

Immediata la reazione delle Borse: subito dopo la notizia, Atlantia, che controlla Autostrade, ha iniziato a perdere. Secondo gli operatori, il provvedimento potrebbe anche creare un elemento di turbativa sull’attuale negoziato tra Atlantia e Cdp sull’attuale cessione del controllo di Aspi.

La difesa di Autostrade un anno fa

E proprio un anno fa Autostrade per l’Italia si difendeva precisando di non aver mai accettato alcuna forma di rischio sulle proprie infrastrutture e di aver sempre adottato un modello strutturato di gestione preventiva dei rischi. “Autostrade per l’Italia, al fine di evitare errori di interpretazione sui contenuti e sulle finalità del sistema di risk management di gruppo, come ogni altra grande società dispone di una procedura strutturata di gestione preventiva del rischio, nella quale vengono individuati e valutati i potenziali rischi a cui è soggetta la società” diceva.

“Il Consiglio di Amministrazione definisce ad inizio anno la propensione al rischio tollerabile per ogni area aziendale ed a fine anno recepisce dal risk officer l’avvenuto rispetto da parte dei dirigenti responsabili – che devono mettere in atto ogni azione preventiva per la gestione di ogni specifico rischio – delle linee guida individuate”.

“Per quanto riguarda l’area dei rischi operativi, nella quale rientrava anche la scheda del Ponte Morandi, il Consiglio di Amministrazione di Autostrade per l’Italia ha sempre espresso l’indirizzo di mantenere la propensione di rischio al livello più basso possibile” e quindi “ciò significa in realtà che la società non è in alcun modo disponibile ad accettare rischi operativi sulle infrastrutture. Di conseguenza, l’indirizzo del Consiglio di Amministrazione alle strutture operative è di presidiare e gestire sempre tale tipologia di rischio con il massimo rigore, adottando ogni opportuna cautela preventiva”. Ma qualcosa, evidentemente, è andato storto.

Di cosa sono accusati i vertici di Autostrade

L’indagine, avviata un anno fa, è un terzo filone nato dall’inchiesta principale legata al crollo del Ponte Morandi, relativa alle criticità in termini di sicurezza delle barriere fonoassorbenti montate sulla rete autostradale.

Nonostante i tentativi di Autostrade di rimediare in qualche modo con una serie di aiuti ritenuti da molti persino offensivi, l’inchiesta della Procura di Genova è partita dall’analisi di documenti, indagini tecniche e testimonianze che hanno portato a raccogliere “numerosi e gravi elementi indiziari e fonti di prova in capo ai soggetti colpiti da misura” spiega la Gdf.

In particolare, dall’indagine emerge la “consapevolezza” della difettosità delle barriere e del potenziale pericolo per la sicurezza stradale, con rischio cedimento nelle giornate di forte vento, fatti peraltro realmente avvenuti nel corso del 2016 e 2017 sull’autostrada di Genova.

Non solo. Emerge anche la sottostima dell’azione del vento e l’utilizzo di alcuni materiali per l’ancoraggio a terra non conformi alle certificazioni europee e scarsamente performanti. Il riferimento è soprattutto alle barriere integrate modello Integautos posizionate lungo il primo tronco autostradale della A12, dove sono stati registrati anche alcuni parziali cedimenti dei pannelli.

Le accuse portano ad evidenziare due aspetti, sottolinea la Guardia di Finanza. Da un lato, la “volontà di non procedere a lavori di sostituzione e messa in sicurezza adeguati, eludendo tale obbligo con alcuni accorgimenti temporanei non idonei e non risolutivi”.

E, anche, si ipotizza la frode nei confronti dello Stato, “per non aver adeguato la rete da un punto di vista acustico così come previsto dalla Convenzione tra Autostrade e lo Stato e di gestione in sicurezza della stessa, occultando l’inidoneità e pericolosità delle barriere, senza alcuna comunicazione – obbligatoria – all’organo di vigilanza (Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti)”.