Sale giochi LAN ed Esports messe sotto sequestro in tutta Italia
Ieri, come denunciano diversi imprenditori sui social network, sono state messe sotto sequestro le sale eSport italiane. Si tratta di sale, la più famose di queste è probabilmente l’eSport Palace di Bergamo di proprietà di AK Informatica, dove le persone possono recarsi per giocare con PC da gaming collegati in LAN e dove si svolgono anche veri e propri tornei di eSport, quelle competizioni basate sul gaming che sono la base di un fenomeno che sta esplodendo in tutto il mondo.
Il sequestro è stato disposto dall’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli dopo l’esposto presentato da un imprenditore, Sergio Milesi, titolare di una società che opera nel mondo delle sale giochi.
Milesi ha messo in evidenza quello che è un enorme buco normativo per tutelare i suoi interessi, mettendo in primo piano la questione della concorrenza. L’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, considerando che la questione è legata a soldi, tasse e introiti per lo Stato non ci ha pensato due volte e ha dato ragione a Milesi, disponendo quindi il sequestro di tutte le sale eSport perché secondo l’Agenzia, di fatto, sono equiparabili ad una sala gioco tradizionale ma avrebbero saltato tutti quelli che sono gli obblighi, soprattutto in termini economici, delle sale gioco tradizionali.
Per “sale gioco” non ci riferiamo alle sale con le slot machine, ovvero quelle dove si gioca per vincere (ma spesso perdere) denaro, semplicemente le sale con i vari cabinati arcade che con il passare del tempo si sono evoluti per attrarre un pubblico, i giovani, che ha abbandonato la sala giochi per stare a casa a giocare con il PC o appunto per andare in posti dove i giochi sono ancora più belli.
Sarebbe facile addossare la colpa di quello che sembra l’ennesimo atto folle di un Paese che sembra guardare indietro anziché avanti all’imprenditore Milesi, tuttavia la questione è molto più complessa.
Nell’esposto infatti Milesi ha mostrato quella che è una sua postazione da simulazione di guida confrontata con quella che è la postazione da simulazione di guida di una sala eSport: le similitudini ovviamente sono evidenti, si tratta sempre di videogiochi entrambi dotati di volante, pedaliera, schermo panoramico e di un gioco di simulazione realistico.
La differenza tuttavia sta nel fatto che mentre le sale eSport fanno pagare gli utenti per il noleggio del solo hardware “a ore” oppure ad esperienza, nel suo particolare caso invece esistono obblighi legislativi quali il controllo del pagamento tramite gettoniera, i controlli legati ai giochi eseguiti, sia dal punto di vista della licenza sia dal punti di vista della compatibilità con un pubblico che può essere minorenne, oltre ovviamente a tutte quelle tasse (e non sono poche) che lo stato obbliga oggi a pagare per una sala giochi.
Tasse che hanno ovviamente portato molti gestori di quelli che un tempo erano i templi dell’intrattenimento a cercare altre forme di guadagno, come l’installazione di impianti da bowling o, peggio, di sale per il gioco d’azzardo virtuale.
Le leggi italiane, come spesso accade, non si sono evolute e oggi è quasi impossibile gestire quella che è una sala giochi tradizionale: troppe tasse e poco pubblico. Ecco perché Milesi parla di concorrenza sleale: secondo lui la normativa che riguarda i locali dove sono presenti apparecchi da intrattenimento senza vincita in denaro, quella che disciplina le caratteristiche tecniche di ogni apparecchio, quali ad esempio caratteristiche tecniche, software installato, tipologia del gioco, collegamenti alla rete internet dovrebbe riguardare anche tutti i PC da gaming presenti nelle sale eSport.
L’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, visto il provvedimento preso, la pensa esattamente allo stesso modo. Milesi punta il dito poi su un’altra questione spinosa: le licenze software. Mentre le sale gioco tradizionali sono costrette a dotarsi di licenze dei giochi che prevedono l’uso in pubblico da parte di più persone, le sale eSport oggi usano le normali licenze domestiche, quale che le aziende hanno pensato per lo sfruttamento da parte della singola persona che le usa. Il paragone più simile, in questo caso, sarebbe quello dell’abbonamento a Sky per bar (costosissimo) e per la casa: secondo Milesi lui paga quello da bar, le sale eSport invece fanno giocare con le soluzioni più economiche.
C’è infine la questione premi e tornei, anche questi in capo all’Agenzia: se per i vincitori dei tornei eSport queste strutture elargiscono premi di qualche tipo, anche solo componenti per computer, bisogna prevedere tutto l’iter burocratico dei concorsi a premi.
Milesi, da imprenditore, oltre all’esporto ha anche presentato un interpello: mentre chiedeva all’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli di verificare se le sale eSport fossero illegali o in elusione delle attuali normative, chiedeva anche il permesso di allestire sale per giocare con le stesse modalità presso le sue strutture, dove far giocare le persone a tempo e non con i gettoni e chiedeva anche per queste sale l’esenzione dell’Imposta sull’Intrattenimento che lui attualmente paga.
Milesi non poteva sapere come avrebbe reagito al suo esposto lo Stato, e quindi metteva le mani avanti: se lo Stato non avesse agito contro le sale eSport, lui stesso avrebbe trasformato le sue sale giochi, al momento tassate, in sale identiche.
Milesi è un imprenditore che cerca di tutelare i suoi interessi in un settore che, come molti altri settori, si regge ancora su leggi che forse erano adatte 30 anni fa, quando le sale giochi erano una istituzione e dove si sentiva il tin tin delle monetine che cadeva nei cassetti di cabinati e flipper.
L’Agenzia delle Entrate e dei Monopoli ha guardato ovviamente ai guadagni: il doppio esposto e interpello di Milesi l’hanno messa davanti ad una situazione senza vie di uscita. Non fare nulla voleva dire perdere i milioni di euro di Imposta d’intrattenimento oggi versata da parte di tutti i gestori di sale gioco tradizionale d’Italia, che avrebbero installato anche loro console e PC al posto dei cabinati classici (o nascosti nei cabinati classici), quindi si è trovata costretta ad agire. Agire è stato appunto dichiarare tutte le strutture eSport illegali e disporne il sequestro.
La questione era stata chiarita le scorse settimane: con una circolare reperibile a questo indirizzo l'Agenzia aveva chiarito che "la messa a disposizione a titolo gratuito in locali aperti al pubblico degli apparecchi di cui all’art. 110, comma 7, del TULPS non esime dall’obbligo di osservanza delle disposizioni vigenti e dal pagamento della relativa imposta".
I titolari di sale eSport e LAN dovevano essere sottoposti ad omologa/certificazione, muniti di titoli autorizzatori e soggetti al pagamento dell’Imposta sugli intrattenimenti (ISI). I titolari avevano tempo fino al 30 aprile per adeguarsi alla normativa, e quando è scaduto il termine ieri è stato disposto il sequestro.
Una situazione assurda e surreale, che colpisce un settore in piena ascesa: in Francia hanno definito l’eSport settore di punta per il Paese, in Italia le sale eSport si chiudono.
E’ fondamentale a questo punto trovare una soluzione che risolva questo buco normativo senza frenare la diffusione degli eSport in Italia. Il nodo, probabilmente, sta tutto nel capire come differenziare quelle che possono essere le attività competitive, quindi inquadrabili proprio come eSport, all’interno delle sale LAN e come invece gestire quei momenti dove le sale LAN e i simulation center sono vere e proprie sale gioco per persone che vanno a divertirsi o a spendere qualche ora con gli amici, non necessariamente per diventare gli eChampions del futuro.
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