Perché la Lega rischia di perdere subito voti
E, secondo alcuni, di un nuovo trionfo elettorale della Lega. Al riguardo, in occasione dell'esito delle recenti elezioni europee, molti commentatori hanno paragonato il partito di Salvini a una sorta di «Nuova Democrazia Cristiana». A seguito specialmente dell'ottenimento di una vera e completa dimensione nazionale, riuscendo a conquistare anche il Sud (dove, in molte regioni, il Movimento Cinque Stelle è ancora il primo partito, ma dove al tempo stesso la Lega ha fatto riscontrare i maggiori tassi di crescita in termini di voti) e, di conseguenza, della conferma di un largo potere su tutto il territorio.
Salvini può dunque andare tranquillamente all'incasso del sostanzioso bottino elettorale appena conquistato? Fino a un certo punto. Perché, ovviamente, vi sono punti di diversità sostanziali tra la capacità di tenuta della Lega e quella a suo tempo mostrata dal maggior partito della Prima Repubblica.
Dal punto di vista dei votanti, la differenza principale è costituita dalla stabilità del consenso di questi ultimi. Il voto per la Dc (e per una buona parte dei partiti di allora) era infatti dettato in larga misura da motivi di «appartenenza», vale a dire da un legame forte e sostanzialmente stabile nel tempo che prescindeva spesso anche dai programmi elettorali di volta in volta presentati. E che comportava la pressoché certa riconferma del voto di elezione in elezione.
Oggi questo genere di motivazioni di voto non esiste più. Il voto, specie (ma non solo) nel Meridione è di carattere temporaneo, «sulla fiducia». Un vincolo di breve periodo basato sulla realizzazione di programmi e promesse o sull'intensità di relazioni o, ancora, sul fascino del leader e della sua comunicazione. Se queste appaiono non più soddisfatte o suscitano dubbi, l'elettore è pronto a cambiare partito (o ad astenersi) e sostenere un'altra forza politica. È anche in questo atteggiamento mutevole che risiede il motivo della débâcle del Movimento 5 stelle in occasione delle stesse elezioni europee. Ed è per questo che tutti i partiti (e la Lega per prima) sono continuamente in campagna elettorale, allo scopo di mantenere il consenso dei cittadini che non può essere mai è in nessun caso dato per acquisito.
Insomma, com'è provato da tutte le ricerche in merito, da molti anni ormai gli elettori sono costantemente alla ricerca di qualcosa di «nuovo» che risponda alla delusione ricorrente e sempre più spesso maturata nei confronti delle forze politiche che hanno sperimentato il governo del Paese.
Alla luce di tutto ciò, fino a quando durerà un così largo consenso per Salvini? È naturalmente impossibile rispondere con certezza, perché il futuro è ignoto. Ma è ragionevole ritenere che il Paese andrà incontro in autunno a considerevoli difficoltà nel gestire la situazione dal punto di vista economico. E si potrebbe anche pensare ad una patrimoniale o, comunque, ad un incremento della già elevata pressione fiscale. Esattamente il contrario di quello che Salvini ha promesso ai suoi elettori. A quel punto, di fronte a una incidenza sulla propria situazione economica personale, il consenso per il leader potrebbe calare.
Certo, Salvini potrebbe (e probabilmente lo farà) dare la colpa all'Europa, «scaricando» la responsabilità di provvedimenti del genere sulle istituzioni e sui leader comunitari e ventilando la possibilità di una «Italexit» spesso peraltro sostenuta da alcuni esponenti del suo partito.
Ma non è detto che una tattica del genere trovi l'appoggio del suo elettorato del Nord, che, come si sa, è legato all'Europa da forti relazioni commerciali ed economiche.
In definitiva, come anche queste elezioni hanno mostrato, l'elettorato è sempre più volatile. E la strada intrapresa così brillantemente da Salvini negli ultimi mesi potrebbe trovare notevoli difficoltà nel mantenimento del consenso. E il quadro politico italiano potrebbe essere nuovamente destinato a cambiare.
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