Concorsi pubblici e università, Salvini vuole abolire il valore legale della laurea

Concorsi pubblici e università, Salvini vuole abolire il valore legale della laurea

"E' necessario mettere mano alla riforma della scuola e delle università". Con questo monito il vicepremier Matteo Salvini torna sull'argomento dell'abolizione del valore legale della laurea per l'accesso ai Concorsi Pubblici. Per il leader della Lega ciò comporterebbe la possibilità di accedervi indipendentemente dagli studi intrapresi e, quindi, la laurea non sarebbe più requisito fondamentale per chi vuole lavorare negli Enti Pubblici. Inoltre, per quanto riguarda i laureati, non si guarderebbe più al voto di laurea, bensì all'Università dove è stata conseguita. Il ministro dell'Istruzione Bussetti frena il vicepremier: l'argomento è importante ma al momento ci sono altre priorità.

Cosa cambierebbe con l'abolizione del valore legale della laurea

In Italia, per accedere a molti Concorsi Pubblici, è necessario essere laureati e, in alcuni casi, l'accesso è consentito solo a chi ha conseguito il titolo con una votazione che abbia il valore minimo richiesto. Accade, perciò, che un laureato uscito col massimo dei voti da un Ateneo non altamente selettivo abbia più possibilità di vincere un concorso rispetto a chi si laurea con una votazione bassa in un'università più "prestigiosa". Abolire il valore legale premierebbe i laureati in base all'università di provenienza, tenendo in considerazione la qualità della preparazione e non il voto di laurea.

Vantaggi e rischi dell'abolizione del valore legale della laurea

Uno degli effetti positivi derivanti dall'abolizione del valore legale della laurea, secondo i sostenitori della riforma, sarebbe quello di dare la possibilità anche ai non laureati di accedere ai Concorsi negli Enti Pubblici. Inoltre, se si è laureati, visto che si terrebbe conto dell'università di provenienza, aumenterebbe la concorrenza tra gli Atenei che cercherebbero di migliorarsi, investendo soprattutto in risorse umane. La riforma comporterebbe invece, secondo alcuni detrattori, il rischio di creare le Università di serie A e quelle di serie B e un aumento delle tasse d'iscrizione agli Atenei migliori, che non tutti potrebbero permettersi di frequentare. Inoltre, verrebbero discriminate le Università del Sud che non sempre riescono a garantire la stessa formazione di quelle del Nord, alimentando la competizione non solo tra gli Atenei, ma anche tra gli studenti.