C’era una volta la pirateria, e c’è ancora: il ritorno di eMule
Chi non ricorda eMule, il programma che in tanti usavano nel passato per scaricare film, serie tv, libri e tanto altro ma con una velocità lumaca Fu poi accantonato dalla diffusione dei Torrent e dalle piattaforme di streaming. La novità di questi ultimi giorni è che eMule non è andato in pensione dopo l’ultimo aggiornamento del 7 aprile 2010 ma, anzi, è risorto. È stata infatti rilasciata una nuova versione eMule 0.60a 32-bit RC eMule 0.60a 64-bit RC
Prima di iTunes Store, Apple Tv, Netflix, Amazon Music, Spotify, c’era lui, “il mulo”, come veniva chiamato dalla tribù degli smanettoni degli anni Novanta, cioè eMule. In piena bolla da new economy, quando ancora Internet non era un affare social e le startup che si quotavano in Borsa non erano “unicorni” (e il loro modello di business non era basato sull’elusione delle norme sul lavoro o sul turismo alberghiero), un manipolo di appassionati aveva scoperto che ci si poteva scambiare musica, film e le serie tv, oltre a software (videogiochi inclusi), spesso di dubbia provenienza. E si esponeva senza battere ciglio ai rischi di azioni legali penali, contagi di virus e malware, perché su eMule circolavano anche software contraffatti e veri e propri cavalli di Troia, software che erano in realtà dei grandi virus con un nome e un'icona finti.
Il Far West della rete
Un’epoca pionieristica, ruvida come la frontiera del Vecchio West. Tutto questo è stato cancellato nelle sabbie digitali del tempo dal crollo della New Economy, da alcune cause intentate dalle case discografiche indiscriminatamente a tutti quelli scoperti a scaricare musica (incluse letteralmente nonne e bambini), e dalla nascita di servizi a pagamento più economici dei Cd venduti nei negozi e più comodi e ben fatti: l’iTunes Music Store di Apple con le canzoni a 99 centesimi, poi Spotify e quindi Netflix e tutti gli altri. Un mondo in streaming, on demand, “all-you-can-eat”, in cui colossi come Amazon, Apple e Netflix gareggiano per mega-produzioni cinematografiche e televisive, vincendo premi e sparigliando interi settori dell’industria culturale, cosa impensabile fino a pochissimi anni fa.
Tutto questo oggi però ha un sussulto, un colpo di coda. Dopo dieci anni infatti è stato per la prima volta aggiornato eMule, il client peer-to-peer (che cioè non ha bisogno di un server da cui prendere contenuti perché questo vengono distribuiti direttamente dagli utenti che partecipano “alla pari” alla rete) che negli anni Novanta era considerato il re del download illegale o paralegale. La nuova versione 0.60a è disponibile da qualche giorno ed è la più significativa da tempo perché introduce il funzionamento (solo su Windows) nei sistemi a 64 bit, elimina una serie di funzioni obsolete e – scrivono gli appassionati della community open source che mantiene volontariamente il software – hanno riorganizzato e fattorizzato parte del codice, rendendo l’applicativo secondo loro più performante oltre che moderno. Sempre attuale, invece, è il divieto di condividere e scaricare file coperti da copyright.
La rete che scaricava
Il software eMule non è stato il primo: nacque perché “gli appassionati che scaricavano” non erano più soddisfatti da eDonkey2000 ed erano convinti che sarebbe stato possibile fare di meglio. Erano in realtà tutti parte della seconda ondata di “pirati” e smanettoni, quella nata dopo Napster, il primo vero grande progetto di condivisione ancora non completamente p2p dedicata originariamente alla musica e creata da Sean Parker e Shawn Fanning.
Stroncato dalle cause legali da parte delle major discografiche (in seguito il marchio è rinato per cercare di capitalizzare sulla notorietà del sistema), Napster venne seguìto da una lunga lista di reti e servizi (il client e la rete si identificavano perfettamente) realmente decentrati e con nomi oggi “storici” per chi naviga la rete da tempo: Gnutella, Freenet, BearShare, AudioGalaxy, LimeWire, Kazaa, Grokster fino a eDonkey2000. Quest’ultimo, prima che la potente Riaa (l’associazione dei discografici americani) riuscisse a farlo chiudere nel 2005, era già stato la base per il lancio di eMule, che ne sfruttava la rete e la potenziava.
La storia del mulo
Software squisitamente per Windows (la versione Mac si chiamava “aMule” e oggi non esiste più, mentre i pochissimi che navigavano su Linux dovevano ricorrere ad altro, ma in Italia ne venne creata una versione personalizzata per l’allora unico operatore che forniva connessione residenziale in fibra ottica in alcune città: “eMule Adunanza”) ebbe una vita complicata. Ancora nel 2017 era il quarto software più scaricato da SourceForge, con 685 milioni di download. Oggi è diventato un progetto più di nostalgia che un reale pericolo per l’industria televisiva, cinematografica o discografica. Quasi una riserva indiana per vecchi smanettoni: ci sono voluti dieci anni perché il progetto creato nell’agosto del 2002 da Merkur (soprannome di Hendrik Breitkreuz) venisse aggiornato il codice e trasformato in un prodotto moderno e ancora limitato, però, a al solo Windows.
Negli anni, eMule fu al centro anche di situazioni e casi particolari. Ad esempio, a memoria di cronista fu uno dei primi software ad essere “clonato” in Cina, perché diventato un modo di scambio di dati più o meno legittimi molto popolare oltre la Grande Muraglia digitale. Le due versioni realizzate in Cina si chiamavano VeryCd (creato da Huang Yimeng) ed easyMule. Ancora oggi VeryCD è un software molto popolare e l’azienda commerciale di Shanghai che l’ha creato ha una base di utenti che utilizzano la rete ed2k enorme in quel Paese.
La pratica di “clonare” eMule era molto diffusa e nel tempo sono circolati vari client alternativi che millantavano velocità ed efficienza maggiori, facilità nell’acquisire quei “crediti” necessari ad avere diritto di accedere a più contenuti condivisi da altri utenti, e a proteggere da virus e malware. Solo che alcune di queste versioni erano essi stessi dei malware.
Il futuro di eMule è nel suo passato
A dieci anni dalla chiusura del progetto principale, con gli sviluppatori originali che hanno abbandonato il supporto nel 2010 con la versione 0.50a, la “community version” che si ha rianimato eMule in questi giorni è uno sforzo di un gruppo di appassionati per fare bug fixing, cioè togliere gli errori presenti nel software, e renderlo più moderno e compatibile in senso tecnico, ma senza introdurre novità o varianti significative. Secondo gli esperti infatti l’interfaccia e il funzionamento di eMule sono immutati e tali resteranno, congelati ancora per molto tempo in una sorta di musealizzazione digitale dei tempi che furono. Il futuro di eMule, insomma, ormai è solo nel suo passato.
Commenti (0)