Roma, la vittima dello stupro a Porta Pia: "Io trascinata nel sottopasso e violentata tra i rifiuti: è stato l'inferno"

Roma, la vittima dello stupro a Porta Pia: "Io trascinata nel sottopasso e violentata tra i rifiuti: è stato l'inferno"

Bloccata alle spalle e trascinata nel sottopasso dove si è consumata la violenza, in mezzo al buio e all'immondizia. E' il drammatico racconto della vittima dell'aggressione vicino a Porta Pia a Roma, zona di case eleganti, uffici e ministeri a pochi passi da via Veneto, nella notte tra domenica e lunedì abusata da un senza fissa dimora di origini marocchine poi arrestato dalla polizia.

La donna, 42 anni, romana, stava rincasando da una serata con le amiche. Camminava a piedi, diretta alla stazione Termini dove avrebbe dovuto prendere un bus per rientrare. Ma prima, all'altezza di piazza della Croce Rossa, è stata fermata: «Ho sentito una persona bloccarmi da dietro. Con un braccio mi ha stretta a sé e mi ha portata nel sottopasso», ha raccontato al Messaggero. Ora ha il volto tumefatto e dolori ovunque, alle gambe, alla schiena e alla testa.

«Trascinata nel sottopasso»

Era «l'inferno: era tutto buio. Ero a terra e sentivo che sotto di me c'erano alcune coperte e dei piumini. Era tutto nero. Poco dopo però lui ha acceso la torcia del cellulare e in quel momento ho visto cumuli di immondizia e oggetti abbandonati ovunque», ha continuato la donna descrivendo anche la vergogna dei tunnel della Capitale, abbandonati tra immondizia e degrado e spesso rifugio per i clochard. L'aggressore a un certo punto della violenza ha acceso la torcia del telefonino, «forse per vedermi meglio» dice la donna: «Non so dire nemmeno quanto tempo abbia trascorso in quel posto terribile. Circa un'ora credo, che però è sembrata un'eternità. Ero immobile, incapace di fare qualsiasi cosa. Mi sentivo impotente e temevo che se avessi reagito lui avrebbe potuto farmi del male».

La paura di morire: nel sottopasso la vittima aveva visto anche bottiglie di vetro e coltelli e così il rischio, cercando di fuggire, era che «lui avrebbe potuto provare ad ammazzarmi. È stato orribile: mentre abusava di me continuava a dirmi cose irripetibili».

«Gridavo a squarciagola»

Lei ha cercato di chiedere aiuto, urlando: «Gridavo con tutta la voce che avevo, ma non mi sentiva nessuno perché il sottopassaggio è abbandonato. La cosa che infatti mi fa molto arrabbiare è che quel posto lì, come molti altri sottopassi di Roma, è inutile e pericoloso, non vengono usati da anni. Quindi non servono per attraversare e vengono solo usati da sbandati e malintenzionati che ci vivono e ci fanno cose come quella successa a me. Dovrebbero chiuderli per fare in modo che non possa più entrarci nessuno oppure riqualificarli. Così sono solo un pericolo. È assurdo pensare che a Roma ci siano terre di nessuno dove chiunque può sentirsi libero di fare quello che vuole».

La fuga senza aiuti

Infine la fuga. «Ho approfittato della sua distrazione per fuggire via. Mentre si rivestiva, ho recuperato i miei abiti e ho iniziato a correre a più non posso». Non aveva più nulla con sé, né il cellulare per chiamare i soccorsi né il portafoglio: «Stava albeggiando, in strada iniziava a esserci un po' di gente. Io gridavo e provavo a bloccare le auto che passavano, ma nulla. Nessuno mi aiutava. Forse pensavano che fossi una malintenzionata visto che ero sporca, con il trucco colato e i vestiti sgualciti. Ma è comunque assurdo non aiutare una donna. L'indifferenza della gente mi ha fatto davvero male». Ovviamente le città non sono sicure gli immigrati clandestini sono fuori controllo e viste le sentenze dei giudici si sentono liberi di fare quello che gli pare tanto non ci sono conseguenze nel paese dei balocchi.