Nella notte il sì del Senato alla manovra. Protestano le opposizioni
Dopo l’ennesima giornata al cardiopalma il Senato ha approvato la manovra, che dovrà tornare alla Camera per il via libero definitivo il 28 o il 29 dicembre, a poche ore dall’incubo dell’esercizio provvisorio. Il governo - in notturna - ha incassato la fiducia sul maxiemendamento che recepisce l’intesa con l’Europa, ma le opposizioni hanno battagliato fino all’ultimo (abbandonando la commissione Bilancio e manifestando il loro dissenso in Aula) e il Pd ha annunciato il ricorso alla Corte costituzionale perché - lamenta - ai senatori non è stato consentito di procedere a un solo voto sul testo. I voti a favore sono stati 167, 78 i contrari, tre gli astenuti, tra cui il senatore a vita Mario Monti, il 5S Gregorio De Falco ed Albert Laniece delle Minoranze linguistiche
L’ultimo miglio è stato anche il più lungo. L’avvio della discussione generale, prevista per le 14, è slittato alle 20,30. La tensione è salita in commissione Bilancio quando il governo ha annunciato la necessità di modificare il testo presentato per correggere degli errori formali e per stralciare alcune norme per motivi di copertura. Una decisione che ha suscitato la reazione dell’opposizione. FI ha lasciato la commissione prima del voto sulla modifica del testo, il Partito democratico ha chiesto le dimissioni del presidente della commissione, Daniele Pesco, Leu e FdI non hanno partecipato al voto.
Più tardi, quando dopo l’ennesima capigruppo il testo è finalmente giunto in Aula, si è sfiorata la rissa allorché i senatori dem si sono avvicinati ai banchi del governo. Sono volate alcune copie del maxiemendamento e Simona Malpezzi, del Pd, ha accusato la senatrice questore Laura Bottici (M5s) di averle «messo le mani addosso». Per calmare gli animi il presidente Casellati ha sospeso per alcuni minuti la seduta. Alla ripresa, finalmente, è iniziato l’iter che ha portato all’approvazione del testo.
Paragone: “Manovra Made in Italy”. FI con i cartelli: “Più povertà”
Al termine della dichiarazione di voto di Gianluigi Paragone a nome M5S sulla fiducia alla manovra, nella quale aveva dichiarato che «questa è una manovra tutta scritta in Italia con il marchio del made in Italy», i senatori di Forza Italia, che con Pichetto Fratin aveva annunciato voto contrario, hanno mostrato cartelli con la scritta «Più povertà». Immediato il coro in replica dei pentastellati, che hanno gridato «Onestà, onestà!».
Nessun taglio degli investimenti
Nella versione finale del provvedimento sono confermate alcune delle misure principali ma arrivano anche delle novità. A partire dalla sforbiciata al fondo per gli investimenti che passa dai 9 miliardi in tre anni inizialmente previsti a 3,6 miliardi. Per il 2019 il fondo scende a 740 milioni di euro (contro i 2.750 precedenti), nel 2020 a 1.260 milioni (da 3.000 milioni) e nel 2021 a 1.600 (da 3.300). Il governo assicura però che non ci sarà alcun «taglio agli investimenti. Nel passaggio al Senato, le risorse destinate nel prossimo triennio agli investimenti restano invariate, per un valore complessivo di circa 15 miliardi». Confermato il blocco delle assunzioni fino al 15 novembre 2019 per la Presidenza del Consiglio, i ministeri, gli enti pubblici non economici e le agenzie fiscali, mentre per le università è posticipato al primo dicembre, con l’eccezione dei ricercatori a contratto che potranno essere assunti come professori nel corso del 2019. Saltano dal testo le norme sugli Ncc ma il governo ha varato un decreto ad hoc per affrontare la crisi del settore che introduce una nuova regolamentazione.
Nuove regole per Ncc
Il testo del decreto ricalca in gran parte quello inizialmente incluso nel maxiemendamento alla manovra, poi stralciato per problemi di coperture. Si prevede che gli Ncc possano operare in ambito provinciale ma senza dover tornare sempre in rimessa. La deroga è prevista se nel `foglio di servizio´ già sono indicate «più prenotazioni oltre la prima». Prevista in aggiunta anche una deroga per 2 anni per chi abbia contratti con società di altri territori, stipulati fino a «15 giorni» prima dell’entrata in vigore del decreto. Per le sanzioni si prevede invece una moratoria di 90 giorni sempre dall’entrata in vigore del decreto. Previsto anche lo stop al rilascio di nuove autorizzazioni fino alla piena operatività di un nuovo «archivio informatico pubblico nazionale» che registrerà tutte le licenze anche dei taxi.
Dubbi sulla stima di crescita del Pil
La nuova versione della manovra ha suscitato i dubbi dell’Ufficio parlamentare di bilancio: la nuova stima di crescita del Pil all’1% per il 2019 (a fronte dell’1,5% precedente) è ora «plausibile, pur presentando non trascurabili rischi di revisione al ribasso». E i rischi «risultano amplificati se si considerano le previsioni per il 2020 e 2021». L’Upb mette in guardia anche sui saldi: senza gli aumenti dell’Iva previsti nelle nuove clausole di salvaguardia, il deficit italiano nel 2020 e nel 2021 arriverà alla soglia limite del 3% «con evidenti rischi sulla sostenibilità futura della finanza pubblica».
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