"I terroni non dimenticano". Napoli prepara l'accoglienza a Salvini a colpi di striscioni
Matteo Salvini tra poche ore è Napoli. Non è la prima volta e non sarà l’ultima. Ma la visita del vicepremier, in città per presiedere un comitato per l’ordine e la sicurezza pubblica, arriva nel pieno della “rivolta degli striscioni”, così come è stata definita la protesta che sta toccando molte città italiane. Da Milano a Carpi, passando per Firenze e Campobasso: dopo il caso del manifesto critico tolto dai vigili del fuoco da un balcone a Brembate, in provincia di Bergamo, la sfida al ministro leghista ha conosciuto decine di altri casi. E ha toccato, com’era immaginabile, anche la città partenopea dove la creatività e l’ironia trovano nella contestazione politica e sociale l’espressione migliore.
E così, le foto degli striscioni contro Salvini a Napoli hanno iniziato a fare il giro del web. Su un lenzuolo bianco, esposto da un balcone già il 15 maggio, alla vigilia della visita, si legge: “Salvini non sei il benvenuto. P.s. per la Digos: torno alle 20”. Critico ma corretto, verrebbe da dire. Su un altro è impresso il ricordo dei giudizi di Salvini sui terroni: “Napoli non si Lega”.
“Restituisci i 49 milioni”, è l’avviso esposto da un altro cittadino. Un altro, forse con una vena di nostalgia borbonica, rilancia: “Salvini cerchi voti al Sud per portare i soldi al Nord”.
E, ancora, gli attivisti dell’ex Opg che alimentano il movimento politico Potere al Popolo hanno anche realizzato un video parodia sul pupazzetto di Zorro rubato a Salvini. Alle 18 - fanno sapere sempre gli attivisti - partirà una manifestazione di protesta da largo Berlinguer, davanti all’ingresso della metropolitana di Toledo.
Napoli, che pure aveva accolto bene in passato il vicepremier, si “arma” oggi di ironia per cavalcare l’onda della resistenza critica. Del resto è già accaduto in passato, in occasioni molto più delicate. Un esempio valga su tutti: la celebre bandiera della pace con su scritto “Rambo statt’ a casa”, esposta tra i vicoli della città alla vigilia della guerra in Iraq, del marzo 2003.
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